lunedì 28 marzo 2011

Vademecum prima di investire in borsa


Ritengo che questo post di Mercato-Libero fornisca ottimi consigli a tutti coloro che sono in procinto di investire in borsa e magari pensano di imitare Gordon Gekko in Wall Street e incassare milioni di euro.
Prima di lasciarvi alla lettura faccio una premessa: diffidate di coloro che cercano di insegnarvi il metodo sicuro per investire in borsa, comprare le azioni giuste e avere rendimenti stellari.
La maggior parte di questi sedicenti "insegnanti" sono trader falliti; il vero trader di successo ha il suo metodo che non svelerà mai a nessuno, guadagna dai 60-70 mila euro in su al mese e di certo non perde tempo ad organizzare corsi didattici per la serie "investi in borsa e vinci".
Investire in azioni rende molto di più che investire in obbligazioni, è risaputo e le statistiche lo confermano, però la possibilità di un maggior guadagno è correlato al RISCHIO di perdere tutto.
In borsa non sono ammessi ripensamenti, è necessario essere rigorosi nel proprio modo di agire, studiare i bilanci delle società, i grafici, gli andamenti, avere il fiuto giusto per il trend giusto, buona dose di esperienza e un pizzico di fortuna (che non guasta mai), ma MAI, e dico MAI, affidare il tutto al caso, perchè una volta che la bolla scoppia, e ci siete dentro, scoppiate anche voi.


Come non investire in questi mercati - lettera firmata

Non cercate di fare i traders se non avete capitali...!
NON CERCATE DI PRENDERE IL TREND DEL MERCATO TORO SE NON DISPONETE DI UN CERTO PATRIMONIO!!!

OGGI HO RICEVUTO LA SEGUENTE LETTERA DI RICHIESTA:
Grazie per la vostra informazione quotidiana che fate. Non voglio sembrare un “leccapiedi” ma cerco un semplice aiuto se e’ possibile, visto che non posso permettermi l’abbonamento. Io non dispongo di tanti soldi ma vorrei sfruttare come dite voi l’ultimo rialzo e sul blog ho letto di immsi e di rcs che vorrei acquistare. Potreste darmi se possibile un’informazione su cosa E quando acquistare? Non voglio mancare di rispetto a nessuno , soprattutto a chi paga l’abbonamento e al vostro gruppo di lavoro. Scusate se mi sono permesso di fare questa richiesta. Distitni saluti

COME RISPONDERE A UNA MAIL DEL GENERE:

1) innanzitutto massimo rispetto verso coloro che hanno risparmi limitati
2) nessun rimprovero per cercar di non pagare nessun costo e avere la possibilità di guadagnare MA ...SENZA CAPITALI...NON SI FA QUASI NULLA (no money ...no honey)

MA, E QUESTO E' L'IMPORTANTE:
A) MAI E POI MAI INVESTIREI PIU' DEL 50% DEI MIEI RISPARMI IN AZIONI

B) MAI E POI MAI INVESTIREI PIU' DEL 5% DEI MIEI CAPITALI IN UN UNICO TITOLO senza controllo del rischio e con stop loss limitati.

INVESTIRE IN ATTIVITA' A RISCHIO NON E' FATTO PER LE PERSONE CON CAPITALI BASSI CHE VOGLIONO ARRICCHIRSI.
E' FATTO PER PERSONE CHE VOGLIONO OTTENERE RENDIMENTI PIU' INTERESSANTI SUL PROPRIO CAPITALE CON UN CONTROLLO DEL RISCHIO MILLIMETRICO!!!
Quindi, e mi riferisco ai tanti piccoli investitori che compongono il parco buoi e che sono alla caccia del titolo d'oro.... NON FATE LA FINE DI MIGLIAIA DI CERCATORI D'ORO CHE SONO TORNATI CON LE PIVE NEL SACCO....per pochissimi che sono diventati ricchi...LA MAGGIORNAZA HA LAVORATO E SUDATO NELLA SPERANZA DI TROVARE L'ORO...

NON FATE I GIOCATORI DI POKER DI PROFESSIONE...RISCHIATE DI PERDERE TUTTO.
Dedicatevi con amore e con dedizione al vostro lavoro con piu' intensità e VEDRETE CHE OTTERRETE MOLTI PIU' BENEFICI ECONOMICI CHE CON LA SPECULAZIONE SPICCIA DI BORSA.

Salvatore Tamburro

domenica 20 marzo 2011

Libia: colpo di Stato USA-NATO in atto

Mi auguro non crederete mica che su 31 conflitti attualmente in atto in tutto il mondo, in cui si generano migliaia e migliaia di morti civili all'anno, la squadriglia USA-NATO si sia mossa per solidarietà nel salvare il popolo libico?


mappa dei conflitti del mondo (fonte PeaceReporter)


Ovviamante se restate a guardare i tg comodamente seduti in poltrona e vi basate unicamente sulle notizie dei quotidiani nazionali avrete sempre i vostri paraocchi orientati alla necessità di una "invasione pacifica", della lotta al terrorismo (paura invisibile) o di eliminare fisicamente un dittatore come Gheddafi.
Il vero obiettivo di questa guerra è di prendere possesso delle riserve di petrolio della Libia, trasferendo la proprietà della National Oil Corporation (NOC), l'azienda petrolifera del paese, dalle mani pubbliche a quelle di privati stranieri.



Perchè impossessarsi della NOC?
Semplice, perchè la Libia è la più grande economia petrolifera del continente africano, con 46,4 miliardi di barili di riserve accertate (10 volte più dell'Egitto, e le stime recenti dicono si arrivi a 60 miliardi di barili) e la sua produzione è addirittura ben al di sotto della propria capacità produttiva. Il petrolio libico sarebbe una manna per le multinazionali del petrolio anglo-statunitensi, visto che il costo del petrolio libico è estramente basso e rivenderlo offrirebbe un margine di profitto enorme.
Inoltre non dimentichiamo gli interessi delle compagnie petrolifere straniere in Libia: la francese Total, l'italiana ENI, la cinese China National Petroleum Corp (CNPC), l'inglese British Petrleum (BP), la spagnola REPSOL e le americane ExxonMobil, Chevron e Occidental Petroleum (Oxy).
A proposito delle compagnie petrolifere americane in Libia, vi sembra un caso che Chevron e Oxy abbiano deciso appena 6 mesi fa (ottobre 2010) di NON rinnovare le loro licenze di esplorazione petrolifere e gasifere in Libia? Sapevano già in anticipo dell'insurrezione e dei relativi problemi a tenere le loro società su quel territorio? Oppure hanno previsto di risparmiare il denaro delle licenze prevedendo il futuro smantellamento e privatizzazione della NOC libica?


Ovviamente adesso stanno screditando l'immagine pubblica di Gheddafi, facendolo passare come il peggior dittatore della Terra (quando ricordiamo che pochi mesi fa, al vertice della Lega Araba a Sirte, il nostro presidente del consiglio Berlusconi si genuflesse a baciare la mano al dittatore libico Gheddafi; e ricordiamo pure che l'Italia ha un valore di commesse di armi complessivo di 112 milioni di euro, ossia è stata la più impegnata, tra le nazioni Ue, nell'armamento libico).
L'invasione della Libia è già cominciata mesi prima, quando già a febbraio 2011 si denunciava l'arrivo in Cirenaica, la provincia orientale separatista della Libia, di centinaia di consiglieri militari statunitensi, francesi e britannici.
Le forse speciali statunitensi e alleate forniscono sostegno segreto ai ribelli: non a caso (notizia che nessun tg italiano ha trasmesso) 8 commando delle forze speciali britanniche (SAS) sono stati arrestati mentre scortavano una "rappresentanza diplomatica" che era entrata illegalmente nel paese per avviare contatti con l'opposizione in rivolta (fonte: CBC News, 6 marzo 2011).

Le ipotesi strategiche dietro l'"Operazione Libia" sono gli stessi già adottati nei precedenti impegni militari USA-NATO in Jugoslavia e Iraq: ossia finanziare e armare i ribelli all'opposizione, fomentare una guerra e installare un governo fantoccio filo-americano.
Ricordate con quale motivazione gli USA giustificarono l’invasione dell’Iraq nel 2003?
Saddam Hussein stava sviluppando armi di distruzione di massa e offrendo nascondiglio a Bin Laden e Al Quaeda. Era vero? No. Del resto il disertore (l'ingegnere iracheno Rafid Ahmed Alwan al-Janabi) che aveva convinto la Casa Bianca che l'Iraq aveva un programma segreto per la costruzione di armi biologiche ha ammesso di aver mentito.
Tornando alla Libia, del resto non dimentichiamo che Gheddafi non è mai risultato simpatico agli americani, visto che egli nazionalizzò la maggior parte delle proprietà petrolifere straniere e chiuse le basi militari statunitensi e britanniche, in special modo la base "Wheelus".


L'operazione Libia, così come le precedenti in Jugoslavia, le vittime civili in Pakistan, i 2 milioni di morti in Iraq fanno parte di un progetto relativo all'egemonia degli Stati Uniti.
Tale progetto, come ho illustrato nel mio libro "La via del denaro" (pag.125) è definito P.N.A.C., Project for the New American Century (Progetto per un nuovo secolo americano) che in un documento del 2000, intitolato "Rebuilding America's Defense" (firmato da tutti i membri dell'ex-amministrazione Bush) si conferma nero su bianco la supremazia globale degli USA, impedendo l'ascesa di una grande potenza rivale e modellando l'ordine e la sicurezza internazionali in linea con i principi e gli interessi americani.
Già nel 2000 quel documento prendeva di mira paesi come la Corea del Nord, la Libia, l'Iraq, la Siria e l'Iran come regimi pericolosi per l'egemonia americana sul mondo, sostenendo che la loro esistenza giustifica la creazione di un "sistema mondiale di comando e di controllo".

fonti:
-conflitti mondiale in atto: http://it.peacereporter.net/conflitti/
-parte 1: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=23548
-parte 2: http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=23605
-Armi di distruzione di massa in Iraq? Bufala
-Pnac: http://www.newamericancentury.org/

Salvatore Tamburro

sabato 19 marzo 2011

L' Organizzazione Mondiale del Commercio (W.T.O.)


Chi detta le regole che gestiscono il commercio internazionale dei beni e servizi prodotti e consumati sul nostro Pianeta?



Tratto da pag. 138-145 de " La Via del Denaro "


L’Organizzazione Mondiale del Commercio, OMC (meglio conosciuta come World Trade Organization, WTO in inglese) è un’organizzazione internazionale delle Nazioni Unite, con sede a Ginevra, creata allo scopo di supervisionare numerosi accordi internazionali relativi al commercio tra i 150 stati membri.

Il WTO è stato istituito nel 1995, alla conclusione dell’Uruguay Round, i negoziati che tra il 1986 e il 1994 hanno impegnato i paesi aderenti al GATT ed i cui risultati sono stati sanciti nell’“Accordo di Marrakech” del 15 aprile 1994.

Il WTO ha assunto, nell’ambito della regolamentazione del commercio mondiale, il ruolo precedentemente detenuto dal GATT: di quest’ultimo ha infatti recepito gli accordi e le convenzioni adottati con l’incarico di amministrarli ed estenderli.

Obiettivo generale del WTO è quello dell’abolizione o della riduzione delle barriere tariffarie al commercio internazionale; a differenza di quanto avveniva in ambito GATT, oggetto della normativa del WTO sono, però,non solo i prodotti dell’agricoltura ( Agreement on agriculture – AoA), bensì anche i prodotti industriali ( Non agricultural market access – NAMA), i servizi (General agreement on trade in services – GATS), i brevetti e la proprietà intellettuale (Trade-related aspects of intellectual property rights – TRIPS).

Tutti questi accordi si basano su alcuni principi di fondo.

Tra questi ricordiamo in primo luogo il Single Undertaking, letteralmente presa unica, in base al quale un paese membro della Wto si impegna a sottoscrivere e rispettare tutti gli accordi che compongono la stessa Wto. Questo principio è particolarmente svantaggioso per i paesi più poveri, che basano spesso le loro economie sull’esportazione di poche (talvolta solo una o due) materie prime o prodotti agricoli. Per poter esportare questi prodotti cercando di evitare dazi e tariffe, questi paesi si trovano costretti ad aderire alla Wto.

In base al principio del Single Undertaking devono però accettare di partecipare a tutti gli altri negoziati, nei quali non hanno alcun interesse verso una maggiore liberalizzazione, che li priva progressivamente della loro libertà di decidere e della loro sovranità nazionale. Molto spesso i paesi più poveri si trovano quindi costretti ad una mera posizione difensiva in quasi tutti i negoziati, nei quali a dettare l’agenda sono i giganti occidentali e le loro imprese multinazionali.

Un secondo principio fondamentale della Wto è quello denominato Most Favoured Nation, secondo cui ogni membro della Wto deve essere considerato da tutti gli altri alla stregua della nazione più favorita. Se un paese accorda un qualche trattamento commerciale particolare ad un altro paese membro, allora le stesse condizioni devono automaticamente valere per tutti gli altri paesi. Questo in pratica significa che nella Wto è molto difficile accordare delle clausole particolari per i paesi più poveri, ad esempio stabilire un canale preferenziale per favorire alcune esportazioni di assoluta importanza per le loro economie.

Un ulteriore principio che sfavorisce pesantemente i paesi più deboli è quello denominato National Treatment, o trattamento nazionale. In base al National Treatment un paese non può trattare un’impresa estera meno bene di una nazionale. Questa seconda clausola rende quindi praticamente impossibile per gli stati membri accordare una qualche preferenza alle proprie imprese, anche se queste operano in settori cruciali per lo sviluppo del paese stesso o sono sottoposte ad una dura concorrenza dalle multinazionali straniere.

Un governo che decidesse di aiutare una propria compagnia nascente in un settore chiave per l’economia o lo sviluppo del paese potrebbe essere accusato di violare i principi del libero commercio, secondo il quale a decidere sono solo il mercato e la concorrenza.

Come quindi avviene per il FMI anche per il WTO le critiche non mancano.

L’Unicef ha notificato che ogni anno muoiono per fame 5,6 milioni di bambini. Secondo la FAO (Food and Agricultural Organization) sono circa due miliardi gli esseri umani che soffrono la fame. Muoiono perché l’economia dei loro paesi è nelle mani dell’élite ricca occidentale, che attraverso le Corporation attua politiche economiche attente soltanto a produrre profitti. Centinaia di milioni di persone soffrono la fame perché gran parte del terreno arabile viene oggi utilizzato per la coltivazione di cereali ad uso zootecnico piuttosto che per cereali destinati all’alimentazione umana.

La FAO ha più volte fatto appello ai governi dei paesi in via di sviluppo per indurli ad abbandonare le politiche agricole imposte dal FMI e dal WTO, che per il popolo equivalgono alla morte.

Assumere il controllo mondiale del cibo equivale ad acquisire un potere immenso di vita e di morte. Le Corporation che controllano il mercato delle varietà vegetali stanno sperimentando il modo di sostituire le varietà naturali con ibridi elaborati su princìpi chimici. La Fondazione Rockefeller è riuscita ad appropriarsi del 95% delle più comuni coltivazioni di cereali, e punta a rendere il settore sempre meno variegato e sempre più ibridato. Queste stesse persone, avendo anche il controllo della ricerca scientifica, impediscono che vengano fatti studi approfonditi sugli Ogm. Oggi il 90% del commercio di prodotti alimentari è nelle mani di pochissime transnazionali: Nestlé, Unilever, Monsanto, Cargill, Archer Daniel Midlands, Procter & Gamble e Kraft/Philip Morris. Gli interessi di queste Corporation sono protetti ed estesi grazie anche al WTO che non è altro che un ente privato che non rispetta le leggi internazionali, e possiede propri giudici e avvocati. I suoi giudici decidono del commercio internazionale, e spesso sono gli stessi avvocati delle Corporation.

La Wto detiene anche il potere giudiziario atto a fare applicare gli accordi e di comminare pesanti sanzioni economiche e commerciali a chi non li rispetta, distinguendosi in questo dalle Nazioni Unite e dalle sue agenzie, se si eccettua il Consiglio di Sicurezza.

Quando uno stato reputa che un altro paese abbia una legge o una norma che limita gli accordi di libero scambio della Wto e che lo danneggia, può chiedere a questo paese di abrogare quella norma. Se il secondo paese si rifiuta, il primo può rivolgersi all’Organo di Risoluzione delle Dispute, o Dispute Settlement Body (DSB), sorta di tribunale interno alla Wto. Il DSB è composto da tre o cinque membri nominati direttamente dalla stessa Wto e da esperti di questioni commerciali ed economiche, che si riuniscono a porte chiuse per dirimere le controversie tra paesi.

Oltre alla grave mancanza di democrazia e trasparenza di questo procedimento e al fatto che in diverse situazioni questi esperti di commercio sono stati chiamati a decidere su tematiche che riguardavano in primo luogo la tutela dell’ambiente o il rispetto di diritti sociali fondamentali, ancora una volta sono i paesi più poveri a essere maggiormente penalizzati. Il ricorso al DSB, infatti, necessita di grandi risorse economiche e di competenze tecniche in materia legislativa e giuridica.

Mentre le grandi potenze occidentali hanno a disposizione decine di specialisti che lavorano a tempo pieno su queste tematiche e possono permettersi di sostenere alti costi, la situazione è completamente diversa per i piccoli paesi, che sovente alla Wto hanno un solo rappresentante che deve seguire l’insieme dei negoziati, e che non potrebbero assolutamente sostenere il costo di un processo e dell’eventuale appello.

Per questo motivo i casi che arrivano al DSB sono relativamente pochi. Spesso è sufficiente la minaccia di intentare un’azione da parte di una potenza economica, perché un paese del Sud particolarmente povero decida di modificare la propria legislazione pur di evitare di incorrere in sanzioni o di dover sostenere i costi del processo, anche se la legislazione era stata promossa nell’interesse dei propri cittadini o dell’economia nazionale. Considerando inoltre i rapporti di sudditanza legati al fardello del debito estero che tuttora strangola questi stessi paesi e la dipendenza dagli aiuti internazionali, è molto difficile, per non dire impossibile, che una piccola realtà del Sud del mondo osi portare avanti una causa commerciale contro un paese ricco.

Il Wto si impone come organizzazione a cui ogni paese deve aderire se vuole far parte del mercato internazionale, quindi, nonostante i rischi, vi hanno aderito 150 paesi, che devono accettare le regole a favore delle Corporation.

Per fare un esempio, l’UE da anni paga 130 milioni di euro l’anno per poter rifiutare i vitelli americani, ingrassati con l’ormone della crescita e alcuni prodotti Ogm. I giudici hanno deciso che il torto era della Ue, nonostante si trattasse di tutelare la salute dei cittadini europei. Un altro esempio è quello dei farmaci indiani: il governo indiano forniva farmaci a basso costo ai poveri del mondo, ma a causa delle regole del Wto non può più farlo. I farmaci indiani erano simili a quelli già brevettati dalle grandi case farmaceutiche (esempio la Novartis), e in ottemperanza al principio secondo cui non è possibile la vendita di medicine a prezzi più bassi di quelli delle transnazionali, non sarà più possibile salvare la vita di quei poveri che non possono pagare i farmaci a prezzi alti.

A dispetto di tutto ciò, il WTO risulta sulla carta una delle organizzazioni più democratiche del mondo. A differenza delle Nazioni Unite, dove esiste un consiglio di sicurezza in cui cinque Paesi hanno diritto di veto, o della Banca Mondiale e FMI, dove i Paesi che possiedono più quote hanno diritto a più voti, nella WTO ogni Stato possiede un voto.

Il problema è però di sostanza, non di forma: raramente nel WTO si ricorre ai voti, la parola d’ordine è il consenso.

Nonostante l’abbattimento delle barriere doganali professato dal WTO i paesi poveri del Sud del mondo, nonostante siano membri dell’Organizzazione, non hanno le garanzie necessarie che i loro prodotti per l’esportazione abbiano accesso ai mercati dei paesi ricchi o di quelli emergenti come il Brasile.

Un esempio significativo che rispecchia i controsensi della politiche del WTO è rintracciabile nel libro intitolato “Tutte le bugie del liberocommercio che analizza il commercio di un prodotto come il cacao.

L’Europa applica dei dazi del 9% sull’importazione di fave e di cacao, ma del 30% sulla cioccolata lavorata. Questo significa che i Paesi del Sud possono esportare facilmente in Europa le fave grezze. Alla cioccolata lavorata, invece, prima di arrivare nei mercati europei viene applicato un dazio, ovvero un aumento del prezzo, del 30%. Le tavolette di cioccolato prodotte direttamente in Europa, invece, non subiscono questo incremento di prezzo. Le deboli industrie dei Paesi del Sud devono quindi competere con le grandi imprese europee dovendo fare fronte, oltre alla mancanza di capitali, al maggior costo dei trasporti e di altri fattori, anche ai vincoli economici e tariffari imposti dall’Europa. In pratica, per i Paesi del Sud diventa molto difficile, se non impossibile, riuscire a esportare cioccolata.

Il risultato è che Paesi come il Ghana e la Costa d’Avorio sono leader nella produzione della materia prima, mentre la Germania nella sua lavorazione. Questo processo di maggiorazione delle tariffe e dei dazi all’aumentare del grado di lavorazione di un prodotto è noto come escalation tariffaria. La conseguenze sono che i Paesi del Sud non sviluppano alcuna industria di trasformazione, limitandosi a vendere le materie prime, il cui

prezzo è in costante caduta verticale, alle grandi imprese multinazionali occidentali che le trasformano rivendendole sui mercati di tutto il mondo e guadagnandoci parecchio.

C’è chi ha provato a quantificare con modelli econometrici il costo pagato in termini di ricchezza persa dai paesi più poveri in seguito alle politiche di liberalizzazione commerciale promosse negli ultimi decenni.

I risultati delle analisi econometriche commissionate dalla Ong inglese Christian Aid suggeriscono che in seguito alla liberalizzazioni commerciali degli anni ’80 e ’90 le importazioni siano tendenzialmente cresciute

più velocemente delle esportazioni. Tutto ciò ha generato perdite quantificabili in termini di reddito per alcuni dei paesi più poveri al mondo.

Il rapido aumento delle importazioni ha messo fuori mercato i produttori locali, in seguito all’arrivo significativo di nuovi prodotti, più economici e più adatti alla commercializzazione, nei mercati nazionali. Per i contadini

questo ha significato produrre meno o vendere a prezzi più bassi, perdendo una fetta importante del proprio reddito. Per coloro che producono altre merci l’impatto è stato in alcuni casi la fine del proprio business. Come

dimostrano le analisi dell’UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development) delle Nazioni Unite, in seguito alla liberalizzazione le importazioni di derrate alimentari sono aumentate percentualmente rispetto all’import complessivo, mentre la quota di macchinari importati è diminuita, testimoniando la crisi del settore industriale in termini di produttività e posti di lavoro.

Inoltre, sul fronte dell’export la domanda di prodotti ad esempio che i paesi dell’Africa sub-Sahariana sono in grado di esportare (principalmente materie prime) è cambiata ben poco, con il risultato che ci sono stati margini

ristretti di aumento dell’export, fatta eccezione per il petrolio.

Dopo dieci anni, la Wto sembra avere completamente fallito gli obiettivi esposti nel suo stesso atto costitutivo. Non solo le promesse relative allo sviluppo, alla piena occupazione ed alla tutela ambientale non sono state mantenute, ma la strada intrapresa sembra andare in direzione decisamente opposta. Stiamo assistendo ad una “corsa verso il fondo” a livello globale per quanto riguarda l’ambiente e la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori e dei cittadini.

Gli stati sono chiamati ad eliminare qualsiasi legislazione che possa ostacolare il libero commercio.

In primo luogo sono gli stessi accordi presi in sede Wto a limitare progressivamente lo spazio di manovra politica delle singole nazioni.

In maniera ancora più generale, però, i paesi sono costantemente impegnati in una concorrenza reciproca nel tentativo di accaparrarsi e mantenere il cosiddetto vantaggio comparato sul piano internazionale.

Questo significa una progressiva tendenza al ribasso delle tutele legislative ambientali e sociali, per diminuire i costi di produzione o per attrarre capitali esteri.


Salvatore Tamburro

sabato 12 marzo 2011

Assegno universale


Quando si parla di condividere una sensibilità particolare in difesa dei diritti essenziali di ogni essere umano ciò si traduce nella salvaguardia del fabbisogno alimentare di ogni uomo e la necessità di un tetto sotto cui dormire.
Mangiare, bere e dormire sono diritti basilari per ogni essere umano e devono essere garantiti a tutti i costi. Questa garanzia sfocia nella necessità, da parte dello Stato, di dover erogare a tutti i cittadini un “reddito di cittadinanza” o, come è chiamato in Svizzera, un “assegno universale”.
In Svizzera l’introduzione dell’assegno universale è diventata un’iniziativa parlamentare in corso di discussione e la motivazione del testo depositato è la seguente:


L'assegno universale designa il versamento di un reddito unico a tutti i cittadini di un Paese, a prescindere dalle loro entrate, dal loro patrimonio o statuto professionale. Tale reddito permetterebbe a ognuno di soddisfare i propri bisogni primari (nutrimento, abitazione, vestiario o taluni beni culturali di base) e lascerebbe l'individuo libero di condurre la sua vita come meglio crede. Questo assegno dovrebbe permettere a ogni persona di perseguire le sue attività non commerciali nell'ambito della vita associativa e di creare ricchezze non valutabili in termini monetari, utili alla ricomposizione del tessuto sociale, ossia a stabilire un rapporto non commerciale con i suoi simili. Per quanto riguarda il singolo cittadino, questo reddito di base assegnato a ogni individuo per il solo fatto che esiste, calcolato sulla base della ricchezza prodotta dal Paese e cumulabile con gli altri redditi da attività lucrativa, si sostituirebbe ai redditi di trasferimento esistenti. Per la collettività, questo nuovo modo di distribuzione del reddito, perfettamente trasparente e semplice da applicare e da controllare, assicurerebbe un'uguaglianza perfetta fra tutti i cittadini. Ne concretizzerebbe l'appartenenza alla comunità umana ed esprimerebbe il riconoscimento della dignità di qualsiasi persona. La sua accumulazione con gli altri redditi sopprimerebbe lo svantaggio delle soglie di povertà senza peraltro costituire un disincentivo al lavoro, dato che qualsiasi attività remunerata genererebbe un reddito supplementare.

In altri Paesi, tranne che in Italia, esistono già delle misure concrete mirate ad assicurare i diritti essenziali del cittadino:

  • In Gran Bretagna: a partire dai 18 anni chi non ha un lavoro e non ha risparmi per più di 12.775 euro ha diritto all'Income-based Jobseeker's Allowance, cioè a circa 350 euro al mese per un periodo di tempo illimitato.
  • In Belgio è chiamato minimax, è un diritto individuale, garantisce un reddito minimo di circa 650 euro a chi non dispone di risorse sufficienti per vivere. Ne può usufruire chiunque, anche chi ha appena smesso di ricevere il sussidio di disoccupazione.
  • In Lussemburgo: il revenue minimum guaranti, è definito legge universale, un riconoscimento individuale “fino al raggiungimento di una migliore condizione personale”. L’importo è di 1.100 euro mensili.
  • In Austria c’è la sozialhilfe, un minimo garantito che viene aggiunto al sostegno per il cibo, il riscaldamento, l'elettricità e l’affitto per la casa.
  • In Norvegia c’è lo Stønad til livsopphold, letteralmente “reddito di esistenza”, erogato a titolo individuale senza condizione di età, con un importo mensile di oltre 500 euro e la copertura delle spese d’alloggio ed elettricità.
  • In Olanda si chiama Beinstand, è un diritto individuale e si accompagna al sostegno all’affitto, ai trasporti per gli studenti, all’accesso alla cultura.
Tutte queste sono solo alcune delle diverse misure realizzabili, spesso collegate al reddito, all’età, allo stato di disoccupazione e/o con limiti temporali. L’assegno universale è invece separato da tutto ciò, e viene versato incondizionatamente, ossia senza giustificazione di risorse, ad ogni individuo, dalla nascita alla morte, per il solo fatto che egli esista. Dietro la soluzione dell’assegno universale c’è anche una scelta etica che si configura come una rivalutazione del concetto di “lavoro”, che non debba essere presentato come un obbligo per l’individuo senza cui la sua esistenza venga compromessa. Il lavoro resta un “diritto” di tutti, ma non deve essere un “dovere” che miri a pregiudicare l’esistenza umana. Quest’ultima va garantita indipendentemente dal reddito da lavoro. Il lavoro di ogni singolo individuo dovrebbe tradursi in espressione delle proprie passioni personali ed utilità per la comunità e non, come invece avviene attualmente, in una forma di coercizione che metta in pericolo la soddisfazione dei bisogni primari dei cittadini. Per questo motivo l'introduzione dell'assegno universale riconoscerebbe i diritti inalienabili di ogni individuo.

A questo punto molti direbbero: "ma se non ci sono i soldi per offrire dei servizi pubblici decenti figuriamoci se si possano elargire sovvenzioni economiche per garantire i diritti basilari del'essere vivente". Beh a questo punto allora si potrebbe pensare ad una emissione monetaria ad hoc, su base statale o regionale, come quella fatta da J.F. Kennedy il 4 giugno 1963, il quale firmò l'ordine esecutivo 11110 che dava la possibilità al governo USA di emettere moneta senza passare attraverso la privatissima Federal Reserve e, quindi, senza generare ulteriore debito pubblico.
Piccola ma importante puntualizzazione: dopo appena 5 mesi dalla firma dell'ordine esecutivo 11110 che metteva fuori gioco il potere della banca centrale americana Kennedy fu assassinato (22 novembre 1963) e da allora nessun presidente americano ha più ripristinato quell'ordine esecutivo ancora valido nella Costituzione americana.
Semplice casualità?


Salvatore Tamburro

venerdì 4 marzo 2011

Mutuo ma quanto mi costi?

Oggi sfogliavo una rivista di un'agenzia immobiliare, leggo un annuncio e provo a ipotizzare l'acquisto di una casa a Napoli (zona Capodimonte), 3 vani (2 camere, 1 soggiorno, cucina e bagno), 75 mq. al costo di € 260.000,00 .

Mi sono chiesto: ma quanto mi costerebbe comprare questa casa aprendo un mutuo?

Migliore offerta sul mercato al 3 marzo 2011 per un mutuo a tasso fisso e rate costanti:

-banca selezionata: Banco di Napoli S.p.A.
-costo immobile: € 260.000,00

-rata fissa mensile: € 1.500,81
-n° rate: 360 mensili
-durata del mutuo: 30 anni
-t.a.e.g.: 5,88%

interessi banca: € 280.292,70
quota capitale: € 260.000,00

spese varie: € 2.344,90
costo totale
del mutuo: € 542.637,60


Da questo esempio si evince che una banca (e qui parliamo della migliore offerta presente attualmente sul mercato) vi chiede PIU' DEL DOPPIO del prezzo dell'immobile per concedervi il mutuo: per una casa che costa 260mila euro vi chiede 280mila euro di quota-interessi da restituire.

Inoltre, per ottenere un prestito devi dare delle garanzie; quelle richieste generalmente sono:

- Garanzia reddituale:
E' quella di avere un reddito sufficiente per il rimborso del capitale erogato. Solitamente la rata massima che viene considerata dalla banca può oscillare tra il 35 e il 50% del reddito familiare.
- Garanzia reale:
L'altra garanzia offerta alla banca per l'erogazione del mutuo è l'immobile che si acquista sul quale viene iscritta un'ipoteca di 1° grado.
Ciò vuol dire che in caso di mancato pagamento delle rate di mutuo la banca, dopo aver sollecitato il mutuatario al rientro dei pagamenti non fatti, può cedere la pratica al suo ufficio legale per il recupero del credito fino ad arrivare alla richiesta di vendere il bene all'asta (e quindi farvi perdere la casa).
L'iscrizione ipotecaria è di norma fatta per una somma superiore all'importo di mutuo, e va dal 150% al 250% della somma richiesta.

Beh immagino che molti di voi avranno già un livello di bile elevato per il nervosismo nel leggere questi dati, ma tenetevi forte per questa altra cosa che sto per dirvi.
Le banche creano quei soldi che vi prestano DAL NULLA, senza nessun controvalore reale, semplicemente digitando quella cifra sul pc del loro computer.
Sapete come fanno?
Semplice, utilizzano la RISERVA FRAZIONARIA: ossia la percentuale dei depositi bancari che per legge la banca è tenuta a detenere sotto forma di contanti o di attività facilmente liquidabili, ossia l'insieme delle poste contabili che, in percentuale rispetto ai depositi, un istituto di credito non può erogare.
In europa abbiamo una riserva fazionaria al 2% come stabilito dall'articolo 4 del regolamento 1745/2003 della BCE.
Questo significa che se andate in banca a depositare 1000 euro sul vostro conto, la banca ha l'obbligo di "conservare in cassa" solo il 2% di quella cifra, ossia 20 euro e prestare il restante 98%, ossia 980 euro a chi volesse un prestito.
Si parla anche di "moltiplicatore bancario" perchè a fronte di una percentuale di riserva pari al 2% la banca può arrivare a prestare fino a 50 volte tanto: da un deposito di 100,00€ genera 5.000,00€, creando 4.900,00€ dal nulla.

Quali sono le conseguenze di questo giochetto del deposito-prestito connesso alla riserva frazionaria delle banche:
- creano denaro ex-nihilo
- pretendono dall'acquirente garanzie pari a 3 volte tanto l'ammontare del prestito richiesto
- pretendono una quota interessi pari\superiore alla quota capitale (es.: chiedi in prestito 100 ma ti indebiti per 200)
- indebitano l'acquirente di un immobile a lavorare per 1/3 della sua giornata per 20-30-40anni della sua vita per pagare le singole rate del mutuo (sperando sempre che questo abbia un lavoro e un tenore di vita che gli permetta il pagamento di ogni singola rata fino all'estinzione del debito)
- qualora l'acquirente non riuscisse più a pagare le rate del mutuo, le banche si impossessano della casa e la vendono all'asta, lasciando l'acquirente senza nulla in mano.

Questo è solo un aspetto del nostro sistema bancario, in cui le protagoniste (le banche) schiavizzano i cittadini, in maggioranza ignari del reale funzionamento dei meccanismi bancari e monetari.
Il colmo è che l'acquirente sembra essere quasi grato all'operatore di banca che gli concede il prestito, senza sapere che si sta indebitando per 30anni della sua vita offrendo il sacrificio del suo lavoro, i suoi risparmi, il suo tempo, il tutto in cambio di una cifra digitata su un computer.

La riserva frazionaria (signoraggio secondario) è uno dei motivi per cui:
1) se tutti i correntisti di una banca X si recassero allo sportello per pretendere tutto il denaro sul proprio conto la banca non li avrebbe, semplicemente perchè tutto quel denaro depositato NON ESISTE nelle casse della banca.
Provate a chiedere al vostro direttore di banca: "che succede se domattina tutti i correntisti di questa filiale si mettono in fila e vogliono riscuotere il proprio denaro?"; son sicuro che vi darebbe una risposta vaga ed imbarazzata, ammesso che vi risponda!
2) da ciò si spiega la spinta sempre maggiore a proporre conti correnti online gratis e carte di credito\debito in regalo, perchè si vuole gestire tutto il denaro elettronicamente in maniera molto più agevole per le banche, abolendo del tutto il denaro cartaceo.

Se volete approfondire l'argomento cercate in rete: signoraggio primario, signoraggio secondario, riserva frazionaria.


Salvatore Tamburro