lunedì 25 aprile 2011

Lavaggio del cervello in libertà

Noam Chomsky è universalmente considerato uno dei più importanti pensatori del nostro tempo. Negli ultimi trent'anni le sue conferenze sul passato, sul presente e sul futuro della politica di potere hanno interessato un pubblico tra i più eterogenei.
A seguire riporto un pezzo tratto dal suo libro "Capire il potere", un testo i cui argomenti spaziano dalla politica estera statunitense alla crisi del welfare state , alla mappa illuminante delle connessioni tra la spinta imperialista verso il resto del mondo e le ripercussioni negative sulla società americana, fino ad esporre temi sull'attivismo politico e del ruolo dei media.

Nella parte che ho riportato Chomsky fa un attacco al giornalismo, reputandolo troppo dipendente dal potere delle istituzioni. Come Chomsky ritengo che la vera informazione devi andartela a scovare da fonti alternative, come giornali, blog, siti internet che operano in maniera del tutto indipendente da fonti di finanziamento pubbliche (troppo connesse al potere politico) o gestite da privati connessi in qualche modo a strutture politicizzate che non permettano un'esposizione dei fatti che sia imparziale e super partes .
Provate ad immaginare se un giornalista de "Il Sole 24 Ore" cominciasse a promuovere su quelle pagine la truffa del signoraggio bancario, o se un giornalista de "La Repubblica" o del "Corriere della Sera" denunciasse le reali motivazioni dell'invasione libica; finirebbero per essere licenziati in tronco per non essere asserviti ai dogmi dell'informazione di regime che ha il compito di pilotare l'opinione pubblica solo verso ciò che è dato sapere.

LAVAGGIO DEL CERVELLO IN LIBERTA' (tratto da "Capire il potere")

un uomo: Come mai non si riesce a trovare un esempio di giornalista che USA il cervello in tutto il campo della comunicazione?

Si può trovare, ma di solito non nella stampa ufficiale.



un uomo: Perché?

Perché se sanno pensare da uomini liberi e comprendono queste cose vengono emarginati tramite un complicatissimo sistema di filtraggio, che inizia all'asilo nido, temo. In effetti l'intero sistemadell'istruzione e dell'avviamento professionale è un filtro molto elaborato che estirpa quanti si dimostrano troppo indipendenti, quanti pensano con la propria testa e non riescono a sottomettersi,perché non servono alle istituzioni. Sarebbe assai poco funzionale avere nei media gente che può porre domande del genere. Perciò, quando sei diventato caposervizio o caporedattore oppure ti sei fatto una posizione alla CBS o cose del genere, è molto probabile che l'indottrinamento ti sia entrato nel midollo; hai interiorizzato che certe cose non si possono dire, anzi, nemmeno le pensi.
Questo meccanismo venne analizzato anni fa in un interessante saggio di George Orwell, che era poi l'introduzione alla Fattoria degli animali. Il libro è una satira del totalitarismo sovietico, questo èrisaputo, un testo celeberrimo che tutti leggono. Ma di solito la gente non legge l'introduzione, e questo la dice lunga sulla censura in Inghilterra. La gente non la legge soprattutto perché è stata elegantemente censurata, non viene mai stampata assieme al libro. L'hanno riscoperta circa trent'anni dopo e qualcuno l'ha pubblicata, e adesso compare in qualche edizione recente.
Comunque in questo saggio Orwell diceva: attenti, questo romanzo parla chiaramente della Russia stalinista, però in Inghilterra non è molto diverso. Quindi passava a descrivere come andavano le cose in Inghilterra, aggiungendo: qui non abbiamo commissari politici che ti bastonano se dici la cosa sbagliata, però i risultati non sono molto diversi. Seguiva una succinta descrizione di come funzionava la stampa in Inghilterra, una descrizione molto acuta. Secondo lui i risultati erano tanto simili perché erano i ricchi a possedere i giornali, e a loro interessa che non si dicano certe cose.
Un'altra ragione, secondo lui altrettanto pertinente, era che in Inghilterra una persona con una buona istruzione - che aveva frequentato un buon college, e poi Oxford, e poi era diventata un pezzo grosso -aveva ormai imparato che non bisognava dire certe cose.
In effetti un aspetto importante dell'istruzione consiste in questa interiorizzazione del fatto che ci sono cose che non bisogna dire o pensare. Se non lo impari, prima o poi sarai emarginato dalle istituzioni.
Bene, questi sono due fattori molto importanti, e ce ne sono altri, che spiegano alla perfezione
l'uniformità ideologica della nostra cultura intellettuale.
Ovviamente la cosa non è così assoluta; dal filtro passerà anche qualche individuo che si comporta in maniera diversa. Come dicevo prima, quando tutti eravamo «uniti nella gioia» sono riuscito a trovare negli Stati Uniti due persone che non erano affatto «unite nella gioia» e che lo avevano detto sulla stampa ufficiale. Però, se il sistema funziona alla perfezione, non farà cose che lo compromettano.
In pratica è un po' come chiedere: «Come mai la Pravda sotto Stalin non aveva giornalisti che
denunciassero i gulag?». Perché? Be', sarebbe stato scomodo per il sistema. Credo che i giornalisti della Pravda non stessero mentendo... certo, era un sistema diverso, là usavano le minacce o la forza fisica per mettere a tacere i dissidenti, mentre qui non sono molto usate. Ma persino in Unione Sovietica è probabile che se ci fossimo presi la briga di indagare avremmo scoperto che quasi tutti i giornalisti credevano sul serio a quello che scrivevano. E questo perché quanti non credevano a quel genere di cose non sarebbero mai arrivati alla Pravda.
È difficilissimo convivere con una dissonanza cognitiva: soltanto un cinico incallito può credere una cosa e scriverne un'altra. Quindi, che si tratti di un sistema totalitario o libero, la gente più utile al potere è quella che crede sul serio a quel che afferma, ed è quella che in genere fa carriera.
Prendiamo Tom Wicker del New York Times: se gli parlate di questa faccenda va su tutte le furie e dice che a lui nessuno ordina cosa scrivere. Ed è assolutamente vero, nessuno gli dice cosa scrivere,
ma se non sapesse già cosa scrivere non farebbe l'editorialista del New York Times. Così come
nessuno dice ad Alex Cockburn cosa scrivere, e per questo non è editorialista del New York Times, visto che la pensa diversamente. Se la pensi in modo poco corretto non entri a far parte del sistema.
E interessante che il Wall Street Journal lasci aperto lo spiraglio di Alex Cockburn. Insomma, è uno spiraglio talmente piccolo che non varrebbe nemmeno la pena di starne a discutere, però succede:
una volta al mese, un grande giornale degli Stati Uniti permette a un vero dissidente di scrivere
editoriali liberi. Questo significa che, diciamo, lo 0,0001 percento di quanto viene pubblicato è libero e indipendente. E succede sul Wall Street Journal, che può permettersi queste libertà: per i suoi lettori il New York Times è un giornale comunista, e quindi Cockburn è soltanto un tizio ancor più comunista.
Il risultato è un efficacissimo sistema di controllo ideologico, molto più efficace di quanto sia mai stato il totalitarismo sovietico. Infatti, se consideriamo l'intero panorama dei media cui aveva accesso la popolazione sovietica, troviamo molto più dissenso da loro negli anni ottanta che da noi, espresso apertamente, e in realtà la gente leggeva una stampa più variegata, ascoltava le trasmissioni straniere, cosa abbastanza inaudita negli USA.
Tanto per fare un altro esempio, durante l'invasione sovietica in Afghanistan un annunciatore [Vladimir Dancev] trasmise alla radio di Mosca per cinque sere consecutive, nel 1983, denunciando l'invasione russa (la chiamò proprio così, "invasione") e invitando gli afghani a resistere, prima che la trasmissione fosse sospesa.
Negli Stati Uniti è impensabile. Ve lo immaginate Dan Rather o un altro che denuncia alla radio l’ “invasione" statunitense del Vietnam del Sud e invita i vietnamiti alla resistenza? Inconcepibile. Gli Stati Uniti non possono avere tanta libertà di pensiero.

UN uomo: Be', non so proprio se sarebbe "libertà di pensiero" se un giornalista lo dicesse.

Invece sì. È libertà di pensiero quando un giornalista può capire che due più due fa quattro, come scriveva Orwell in 1984. Da noi tutti quanti lodano quel romanzo ma nessuno è disposto a riflettere sul suo significato. Winston Smith [il protagonista] ci dice che se possiamo ancora capire che due più due fa quattro allora non ci hanno tolto tutto. Be', negli Stati Uniti la gente non capisce nemmeno che due più due fa quattro.

un uomo: Un opinionista potrebbe dirlo anche se un cronista non può?

L'avete visto succedere spesso negli ultimi trent'anni?

un uomo: Non saprei.

Be', posso confermarle che non è successo. E ho controllato.


Salvatore Tamburro

1 commento:

  1. verdi idee incolori dormono furiosamente...grandioso chomsky.

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