giovedì 29 ottobre 2015

AIUTI ALLE BANCHE NON SONO AIUTI DI STATO (caso HSH Nordbank)


HSH Nordbank, società anonima costituita nel 2003 a seguito della fusione per incorporazione di Hamburgische Landesbank e Landesbank Schleswig-Holstein, è la quinta banca regionale tedesca. Colpita dalla crisi dei "subprime" del 2007, accentuatasi nel settembre 2008 a causa del fallimento della banca Lehman Brothers, la HSH Nordbank si è vista concedere tutta una serie di misure di salvataggio. Con decisione del 20 settembre 2011, la Commissione ha ritenuto che tali misure, pur costituendo un aiuto di Stato, fossero compatibili con il mercato interno, a certe condizioni: tra queste, la condizione per cui HSH Nordbank doveva accordare a HSH Finanzfonds il diritto ad un pagamento unico di 500 milioni di euro che HSH Finanzfonds avrebbe poi dovuto destinare ad un "aumento di capitale fisico" di HSH Nordbank. Inoltre, è stato proibito a HSH Nordbank di pagare i dividendi fino all'anno fiscale 2014 compreso. Infine, per gli anni 2015 e 2016, la capacità di pagare i dividendi è stata limitata.

Intanto, due soci di minoranza di HSH Nordbank, cioè i fondi d'investimento lussemburghesi HSH Investment Holdings Coinvest-C e HSH Investment Holdings FSO, hanno presentato un ricorso (causa T-499/12) dinanzi al Tribunale dell'Unione europea per l'annullamento totale o almeno parziale della decisione della Commissione.

In conclusione, come al solito nell'UE è presente il detto "due pesi due misure": quando si tratta di agevolare un popolo in difficoltà (es.: rinegoziazione o sospensione del debito greco (Causa T-450/12) o di qualsiasi altro Stato membro) si tratta di aiuti di Stato incompatibili ed impraticabili secondo le norme dei Trattati europei; quando si tratta, invece, di sovvenzionare banche (private) in difficoltà in tal caso sono "misure compatibili con il mercato interno".

Salvatore Tamburro




lunedì 19 ottobre 2015

Renzi contro Bruxelles? Un falso scontro


Ma quando Renzi dicea Radio 24: “Bruxelles non ha nessun titolo per intervenire nel merito delle misure contenute nel bilancio del Paese” nessuno gli ricorda che l'Italia ha sottoscritto i vari TwoPack, SixPack e Patto di Stabilità e Crescita e che, pertanto, la Commissione europea dispone della base legale per poter dire se una misura fiscale vada bene oppure no?

Ricordo che tali accordi hanno previsto un'ulteriore cessione di pezzi di sovranità nazionale verso strutture non elette ed autoreferenziali, in assenza di qualsiasi criterio solidaristico, di mutualità e senza alcuna contropartita.

Caro Renzi, non puoi accettare prima il ruolo di servo della Commissione UE e poi fingere di ribellarti ad essa, poichè in primis non sei credibile ed in secondo luogo non lo puoi fare.

Salvatore Tamburro

giovedì 15 ottobre 2015

ULTIME SENTENZE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA: PROTEGGERE LE BANCHE E DANNEGGIARE I CITTADINI EUROPEI

 
Nel 2012 un avvocato di Atene, Alexios Anagnostakis, raccolse oltre un milione di firme in vari Stati con la sua " iniziativa dei cittadini " (una specie di petizione popolare) chiamata "per un'Europa della solidarietà". Obiettivo: far entrare nella legislazione dell'Unione, tramite un atto giuridico, "il principio dello stato di necessità", in base al quale, "quando l'esistenza finanziaria e politica di uno Stato è minacciata da un rimborso oneroso, il rifiuto di pagamento di tale debito è giustificato".
 
Per la Commissione europea, che in base alla normativa deve registrare prima la proposta per poi sottoporla al Consiglio dei ministri Ue, la proposta non rientrava tuttavia nelle proprie competenze ed era quindi irricevibile.
L'avvocato greco allora fa ricorso alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea.
Il 30 settembre 2015 i giudici del Lussemburgo rigettano il ricorso dell'avv. Anagnostakis ed il volere di oltre un milione di cittadini europei e dichiarano l'iniziativa irricevibile.

mercoledì 15 aprile 2015

L'EURO-SISTEMA NON PUO' REGGERE SU 2 PILASTRI SBAGLIATI


La nefasta Troika (Ue-Bce-Fmi) sta applicando per la Grecia, ma potremo estendere il discorso a tutti gli stati della periferia europea, una ricetta economica che si basa sostanzialmente su due pilastri: riforme strutturali (liberalizzazione del mercato del lavoro, riduzione del costo del lavoro, privatizzazioni, ecc.) per rilanciare l’economia e ampi avanzi primari per abbattere il debito.

C’è solo un problema: i dati dimostrano che i paesi che in Europa hanno seguito questa ricetta economica sono proprio quelli che presentano le condizioni peggiori sia in termini di performance economica (crescita, occupazione, ecc.) che di andamento del debito pubblico. Parlo dei paesi che erroneamente chiamano “spendaccioni” e “irriformabili” della periferia.

Analizziamo entrambi questi "pilastri" su cui si fonda l'Unione europea:

I) Prendiamo le RIFORME STRUTTURALI: secondo un recente rapporto dal nome Going for Growth (2015) dell’O.C.S.E. (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) il paese dell’eurozona che negli ultimi sette anni (dal 2007 al 2014), quindi da prima della crisi economica del 2008, ha fatto più riforme strutturali è, udite udite, la Grecia! 
Nelle successive posizioni troviamo Portogallo, Irlanda e Spagna. L’Italia è all’ottavo posto, la Germania che passa per il paese più virtuoso d'Europa è – indovinate un po’? – al diciassettesimo posto.

venerdì 3 aprile 2015

AL DIRETTORE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE

 
Egregia dott.ssa Rossella Orlandi,

nelle sue vesti di Direttore dell'Agenzia delle Entrate, dovrebbe comprendere che lo Spesometro che perseguita i piccoli commercianti e professionisti non serve a nulla come strumento di lotta all'evasione. Al posto di quei circa 90-100 miliardi di euro di evasione che vorrebbe recuperare dalle tasche dei cittadini italiani già martoriati da politiche fiscali e monetarie partorite dalla mente di incapaci, le offro una soluzione ben più redditizia: vada a verificare i miliardi evasi dalle banche commerciali italiane, dal falso in bilancio alle operazioni di clearing internazionale, e scoprirà ben oltre 2mila miliardi di euro che non finiscono nelle casse del fisco italiano.
Risparmierebbe fatica perché invece di milioni di italiani basterebbe controllare appena i primi 10 gruppi bancari italiani e, inoltre, recupererebbe 20 volte di più della cifra da lei ipotizzata.
 
Conscio della sua determinazione nello stanare gli evasori e recuperare miliardi di euro utili a soddisfare i bisogni di cittadini ed imprese sono sicuro che accetterà il mio modesto consiglio.

Cordiali saluti.
Salvatore Tamburro
 

sabato 7 febbraio 2015

TSIPRAS, UN ALTRO FALSO LEONIDA


Il presidente John Fitzgerald Kennedy dichiarò, durante il suo discorso di insediamento, «Non dovremo mai negoziare per paura».

Tsipras prima che venisse eletto sembra dovesse interpretare il ruolo di Leonida contro il temibile Serse, interpretato dalla Troika.
Si parlava di uscita dall'euro, di rivedere tutti i trattati europei, di non dare nemmeno un centesimo di euro a FMI e a BCE, di rinnegare le riforme strutturali imposte dall'Ue.

E adesso, dopo le elezioni, che è successo al nostro Leonida-Tsipras?
Dove è finito il suo coraggio nel manifestare contro il temibile mostro della troika?

Adesso Tsipras e il suo valoroso prode Varoufakis sembrano accontentarsi anche solo di un allungamento del piano debitorio.

La situazione del debito pubblico greco è la seguente: esso ammonta a 323 miliardi di euro, pari al 177% del Pil. Di questi, il 15% è detenuto dal settore privato, il 10% dal Fondo monetario internazionale e il 6% dalla Bce. Il grosso del debito, ossia il 60% del totale, pari a 195 miliardi di euro, è in mano agli altri governi dell’eurozona. Di questi 195 miliardi, 142 miliardi sono arrivati alla Grecia attraverso l’Efsf, il Fondo europeo di stabilità finanziaria (noto come “Fondo salva-stati”); 53 miliardi sono invece il frutto di prestiti bilaterali ricevuti dagli altri stati membri. 
I paesi più esposti al debito greco sono la Germania (56 miliardi), la Francia (42 miliardi), l’Italia (37 miliardi), la Spagna (24 miliardi) e l’Olanda (11 miliardi).